Panta Rei.

Tanto tempo fa l’acqua dormiva nel letto dei fiumi.
Stava ferma lì e sognava. Solo i pesci sul fondo si muovevano, giocavano a nascondino tra i sassi.
L’acqua che stava a monte rimaneva a monte e quella a valle stava sempre lì, all’imboccatura del mare a salutare le onde che andavano e venivano, scontrandosi sempre contro il muro immobile delle acque del ruscello.

Un giorno però una goccia sentì raccontare da un pesce che alla fine del nastro azzurro di acqua ferma viveva un’onda che sapeva cantare. Era un’onda bellissima, tutta ricciolina e con una corona di schiuma bianca in testa. La goccia voleva incontrarla. “Perché non posso sentirla cantare?” chiedeva alle gocce intorno a lei, ma quelle erano prese dai loro sogni, che erano sogni fermi. Nessuna goccia d’acqua della sorgente aveva mai sognato il mare.
La goccia innamorata allora iniziò a spingere e a tirare, cercando di far muovere le sue sorelle, per andare a vedere cosa succedeva alla la foce.
Ovviamente le parole sorgente e foce non avevano senso per loro, il semplice linguaggio di molecole di ossigeno e idrogeno con cui comunicavano prevedeva solo la parola “casa” e la parola “tutto il resto” per indicare la loro posizione nello spazio.

Tanto si impegnò la gocciolina d’acqua, che alla fine riuscì a smuoversi di un centimetro, poi di due, trascinando con sé le gocce che aveva vicino. “Forza sorelle, andiamo a vedere il mare!” Una goccia per volta, tutto il ruscello iniziò a scivolare verso il basso, per andare a vedere quell’onda canterina che stava cambiando il loro destino.

E quando la goccia e l’onda si abbracciarono, fondendosi l’una nell’altra, tutto il ruscello iniziò a cantare, felice di aver scoperto cosa fosse alla fine quel “tutto il resto”.